Kobe ha scritto: ↑12/12/2023, 13:38 Per me è un 12 dicembre particolare. La tentazione di sfruttarlo per “promuovere” il lavoro che da ieri è in onda su SKY TG24 e a disposizione di tutti in versione on-demand e podcast è forte, e lo faccio entro la terza riga. L’alternativa sarebbe promuoverlo senza dire di volerlo promuovere, e non sarebbe meno ipocrita. No-win situation, la chiamano di là.
Il tormento è continuo, proprio come durante i mesi (quasi 12) di stesura del testo. Devo provare a essere "popolare"? Oppure devo arrendermi alla complessità e optare per il pippone? Conquistare ascolti significa aumentare la consapevolezza sul tema, ovvero è solo un soddisfare la propria vanità?
Dopo 12 mesi di scrittura, cancellazioni, altra scritture, altre cancellazioni, rimorsi e aggiustamenti, non ho alcuna risposta. Rimango però contento di aver scritto, e riconoscente a quelli che hanno permesso che il testo diventasse un prodotto consumabile. Non fare neppure un modesto lavoro editoriale sul tema non sarebbe stato pudore (merce peraltro troppo rara) ma omertà.
“Il buco nero” è figlio di tanti 12 dicembre a scrivere post di altro tenore, dicendoci “non dimentichiamo”, “onore alla vittime”, “ricordiamo i colpevoli, individuati anche se non condannati”, etc.. Post sacrosanti e importanti, di cui però non ci sarebbe bisogno se a) non avessimo già dimenticato e b) sapessimo cosa e come ricordare.
Quanto alla prima parte, la perdita di memoria collettiva è un processo storico, per certi versi irreversibile. Forse, ma non ne sono sicuro, siamo vicini al crinale tra cronaca e storia, ma proprio per questo servirebbe fare un passo in avanti adesso, anche perché tra non molto tutti i protagonisti delle vicende non ci saranno più. Il treno sta passando adesso, per l'ultima volta, e se rimaniamo a terra, stavolta è per sempre.
La parte che conta però è la seconda. Personalmente, non ho alcuna certezza al riguardo, se non quella che abbiamo fatto meno e peggio di quello che avremmo potuto e dovuto fare. Tutto ciò che facciamo in questa giornata ha senso, molto. Non è però detto che basti, anzi.
Non è bastato finora, se siamo (come siamo) ancora al palo sulle questioni importanti. Se le risse mediatiche degli alfieri delle diverse teorie esplicative sono ancora all’ordine del giorno. Se ci limitiamo a dire che «i giovani sono ignoranti» come se non fossero lo specchio dei nostri fallimenti. Se accettiamo l’idea rassicurante che l’eclatante depistaggio di Stato sia stato frutto delle iniziative individuali e scoordinate di Tizio D’Amato o Caio Russomanno, già da tempo sgominati dalla forza vitale della democrazia sana (che pur ha prevalso complessivamente su quegli attacchi). Se ci basta addossare tutto a un Sempronio neofascista o a un Mevio dei servizi "deviati" (???). Come se poi, quello schema, non fosse riapparso “enne” volte, nella nostra indifferenza, da Bologna a Via D’Amelio, da Ustica a Brescia, da San Benedetto Val di Sambro a Gioia Tauro. Come se anche solo su una di queste vicende avessimo costruito una verità storica completa e condivisa.
Dopo tanti anniversari, faccio fatica ad accontentarmi di celebrazioni e liturgie, anche se ne riconosco il valore. Sanno di rimozione, di lavacro, di catarsi. Sanno di voler chiudere (in fretta e per finta) un libro che ha ancora molte pagine bianche, anche se molte sono state scritte. E lo ripeto, non parlo tanto di mandanti ed esecutori, ma di fini e contesto.
Io non sono in grado di aggiungere neppure mezza riga a quel libro, ma rinunciare a scriverlo è ciò che volevo provare a denunciare. Per non trovarmi a fare (solo) un altro post. Spero che questo comportamento non sia speculare sul dolore, immenso, di chi quel 12 dicembre ha perso pezzi di vita anche senza essere tra le 18 (sì, 18) vittime.
Senza impegno civile, tra 365 giorni saremo ancora qui a rinnovare la celebrazione. Se possibile, occupiamocene nei precedenti 364. Insieme.
logorrea
/lo·gor·rè·a/
sostantivo femminile
Loquacità, verbosità irrefrenabile, talvolta patologica.